
LEGGE CARTABIA
La riforma Cartabia, tra gli altri obiettivi, punta ad efficientare lo svolgimento e i tempi dei processi (del 40% nel civile e del 25% nel penale entro il 2026), al fine di garantire il principio di ragionevole durata dei processi. Per raggiungere tale scopo, è fondamentale una collaborazione stretta tra i vari operatori del diritto, in special modo magistrati e avvocati, per migliorare la gestione dei flussi processuali e garantire l’efficienza del sistema.
ISCRIZIONE DELLA NOTIZIA DI REATO
Le modifiche introdotte dall’art. 15 del d.lgs. n. 134 del 2021, che riformano l’art. 335 del codice di procedura penale e introducono gli articoli 335-ter e 335-quater, mirano a rafforzare la trasparenza, la precisione e la tempestività nell’iscrizione delle notizie di reato. Questi interventi influenzano anche i termini delle indagini preliminari, che decorrono dall’iscrizione formalmente corretta e completa nel registro delle notizie di reato.
Più specifici sono infatti i presupposti per l’iscrizione:
L’obbligo di iscrizione immediata da parte del pubblico ministero, già previsto dalla precedente versione dell’art. 335, è stato mantenuto ma con un’importante specificazione. Ora, la notizia di reato deve contenere:
Il comma 1 bis art. 335 c.p.p. prevede, poi, che:
La riforma, dunque, mira a prevenire iscrizioni frettolose o infondate, che potrebbero causare danni reputazionali e personali a soggetti solo vagamente sospettati.
Al contempo, si evitano criteri troppo stringenti che potrebbero ritardare le iscrizioni e compromettere i diritti dell’indagato, come la possibilità di conoscere e contestare tempestivamente le accuse.
Il pubblico ministero mantiene comunque il ruolo centrale nella gestione delle iscrizioni e delle indagini. Tuttavia:
- Deve rispettare criteri di determinatezza e tempestività nell’iscrizione delle notizie di reato;
- È chiamato a un continuo aggiornamento delle iscrizioni in caso di evoluzione dei fatti o della loro qualificazione giuridica;
Quindi, i termini per la durata delle indagini decorrono dalla corretta iscrizione della notizia di reato e della persona indagata.
La riforma rafforza così il diritto alla certezza e alla conoscibilità dei procedimenti, tutelando sia l’efficienza del processo penale sia le garanzie difensive degli indagati.
In conclusione, le modifiche rappresentano un bilanciamento tra l’esigenza di garantire il rispetto dei diritti delle persone coinvolte e la necessità di assicurare un’efficace azione penale, fornendo regole chiare per l’iscrizione e l’aggiornamento del registro delle notizie di reato.
L’ultima modifica apportata all’art. 335 cod. proc. pen. è costituita dall’introduzione del comma 1-ter, ove si prevede che, nel caso di tardiva
il pubblico ministero, “può indicare altresì la data anteriore a partire dalla quale essa deve intendersi effettuata”.
IL NUOVO GIUDIZIO PER L’ARCHIVIAZIONE
La riforma introdotta dal legislatore delegato modifica significativamente il criterio per la richiesta di archiviazione, spostando l’attenzione dalla “sostenibilità dell’accusa in giudizio” alla “ragionevole previsione di condanna”. Questa nuova impostazione segna un superamento del principio di favor actionis a favore di una valutazione più rigorosa e selettiva da parte del pubblico ministero, basata su una prognosi simile a quella che il giudice utilizza per emettere una sentenza di condanna.
Invero, in base all’art. 408 c.p.p. riformato, il pubblico ministero deve richiedere l’archiviazione non solo quando la notizia di reato è infondata, ma anche quando gli elementi acquisiti non permettono una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza (diversa dalla confisca).
In precedenza, nei casi dubbi, prevaleva la regola per cui l’azione penale doveva essere esercitata, rimandando al dibattimento l’ulteriore chiarimento dei fatti.
Nell’attuale contesto normativo, il pubblico ministero deve considerare la probabilità di successo dell’accusa in termini di condanna, evitando il dibattimento per casi con scenari probatori incerti o insufficienti.
In tal senso, quindi, si ridisegna il ruolo del pubblico ministero, aumentando così le garanzie a favore del soggetto sottoposto ad indagini e evitando la celebrazione di processi dal già prevedibile esito assolutorio, efficientando l’intero sistema.
Il pubblico ministero, quindi, non può più contare sul dibattimento come momento per completare o chiarire l’istruttoria, deve invece raggiungere una solidità probatoria già durante le indagini preliminari, assumendo un ruolo più selettivo.
Nonostante il più rigoroso filtro introdotto dalla riforma, il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale resta garantito grazie a due meccanismi:
- Controllo del giudice sull’archiviazione: Il giudice deve verificare la completezza delle indagini prima di accettare una richiesta di archiviazione;
- Possibilità di riapertura delle indagini: Se emergono nuovi elementi, il procedimento può essere riattivato, mantenendo aperta la via dell’azione penale.
SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO CON MESSA ALLA PROVA
Rilevanti sono anche le novità sulla messa alla prova (MAP), con l’obiettivo di ampliare il campo di applicazione e aumentare l’efficienza del sistema giudiziario. Questo istituto, a metà tra diritto sostanziale (come causa di estinzione del reato) e processuale (rito alternativo consensuale), si consolida come strumento utile per perseguire finalità risocializzanti e deflattive.
Si è assistito dunque ad un ampliamento dell’ambito di applicazione. Si estende, infatti, la possibilità di richiedere la MAP a ulteriori reati, puniti con una pena edittale massima fino a quattro anni, purché ritenuti compatibili con percorsi risocializzanti o riparatori, nonché per i reati indiati dal comma 2 dell’art. 550 c.p.p.
La MAP può ora essere caldeggiata dal pubblico ministero, che acquisisce un potere di impulso nel proporre all’imputato la sospensione del procedimento con messa alla prova, sia durante le indagini preliminari che nelle fasi successive.
Tuttavia, il diritto di avanzare formalmente la richiesta di MAP rimane esclusivo dell’imputato, come stabilito dall’art. 168-bis c.p.
Gli obiettivi sono, quindi, chiari:
- Incrementare l’effetto deflattivo, ampliando i reati per cui è accessibile la MAP e introducendo il ruolo attivo del pubblico ministero, si mira a ridurre il numero di procedimenti che arrivano al dibattimento;
- Anticipare percorsi risocializzanti o riparatori: La MAP permette di evitare gli effetti desocializzanti del processo e della detenzione, favorendo il reinserimento dell’imputato nella società;
- Migliorare l’efficienza processuale: Si riducono i tempi di definizione del processo e il carico di lavoro per il sistema giudiziario, evitando procedimenti inutilmente gravosi.
LE PENE SOSTITUTIVE
Sono state introdotte significative innovazioni nel sistema sanzionatorio penale, processuale e penitenziario italiano, con l’obiettivo di rendere più efficace e razionale l’esecuzione della pena, in linea con il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena sancito dall’art. 27 Cost. La riforma parte dalla considerazione che pene detentive di breve durata producono effetti desocializzanti e scarsamente rieducativi, a fronte di costi sociali elevati, proponendo così un approccio volto a privilegiare l’esecuzione della pena nella comunità rispetto alla detenzione carceraria.
Le pene sostitutive sono:
- Semilibertà sostitutiva e detenzione domiciliare sostitutiva, applicabili per pene detentive fino a 4 anni;
- Lavori di pubblica utilità sostitutivi, per pene detentive fino a 3 anni;
- Pena pecuniaria sostitutiva, applicabile per pene detentive fino a 1 anno.
Queste pene sostitutive sono concepite come vere e proprie sanzioni autonome rispetto a quelle detentive, pur mantenendo il carattere di pene “non edittali”.
Le nuove pene sostitutive non si applicano in combinazione con la sospensione condizionale, eliminando una delle principali cause della scarsa applicazione delle pene sostitutive previgenti.
Viene innalzato il limite di applicabilità delle pene sostitutive fino a 4 anni, superando così il limite di due anni previsto per la sospensione condizionale ordinaria.
Dunque, gli obiettivi della riforma in tema di pene sostitutive sono:
- Riduzione della recidiva. Le pene sostitutive, con prescrizioni mirate e orientate alla rieducazione, mirano a diminuire i tassi di recidiva, superando gli effetti desocializzanti del carcere.
- Decongestionamento del sistema penale. Le pene sostitutive e la riduzione del ricorso al carcere alleviano il sovraffollamento degli istituti penitenziari e migliorano l’efficienza del sistema giudiziario.
- Rispetto del principio di extrema ratio. Si riduce il ricorso alla detenzione per pene di breve durata, riservandola ai casi in cui non sia possibile individuare alternative efficaci.
PROCEDIBILITA’ A QUERELA
La riforma si colloca nell’ambito delle iniziative volte alla deflazione processuale e sostanziale, perseguendo obiettivi di razionalizzazione del sistema penale.
Invero, Il focus centrale della riforma è l’ampliamento delle ipotesi di reati procedibili a querela, con l’intento di limitare l’intervento penale ai soli casi in cui vi sia una chiara volontà punitiva della persona offesa. Quindi si trasferisce alla vittima la responsabilità di valutare la rilevanza penale del fatto, incentivando soluzioni conciliative.
La querela assume così una duplice funzione: strumento di selezione e tecnica deflattiva, volta a promuovere forme alternative di risoluzione del conflitto, come le condotte riparatorie o risarcitorie che portano alla remissione della querela e all’estinzione del reato.
Le modifiche riguardano:
Reati contro la persona:
- Lesioni personali stradali gravi o gravissime, limitatamente all’ipotesi non aggravata di cui all’art. 590-bis, co. 1 c.p.;
- Lesioni personali dolose (art. 582 c.p.): la procedibilità a querela viene estesa alle lesioni lievi (malattia compresa tra 21 e 40 giorni);
- Sequestro di persona semplice (non a scopo di estorsione) ex art. 605 c.p., limitatamente all’ipotesi prevista dal primo comma che, essendo punita con la reclusione pari nel minimo a sei mesi, è riferibile anche a fatti di ridotto disvalore;
- Violenza privata (art. 610 c.p.), limitatamente all’ipotesi non aggravata prevista dal primo comma;
- Minaccia (art. 612 c.p.);
- Violazione di domicilio (art. 614 c.p.): diventa procedibile a querela l’ipotesi in cui il fatto sia commesso con violenza sulle cose (ad es., forzando una serratura o rompendo il vetro di una finestra);
Reati contro il patrimonio:
- Furto (art. 624 c.p.;
- Turbativa violenta del possesso di cose mobili (art. 634 c.p.);
- Danneggiamento (art. 635 c.p.): viene reso procedibile a querela il danneggiamento nella sola ipotesi prevista dal primo comma (fatto commesso con violenza o minaccia);
- Truffa, frode informatica e appropriazione indebita (artt. 640, 640 ter e 649-bis c.p.): diventano procedibili a querela le ipotesi, ora procedibili d’ufficio, in cui ricorrano l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità (art. 61 n. 7 c.p.) ovvero la recidiva, nei casi in cui integra un’aggravante ad effetto speciale.
Contravvenzioni: - Art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone);
- Art. 660 c.p. (molestia o disturbo alle persone).
LA GIUSTIZIA RIPARATIVA
Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 rappresenta un passo fondamentale per l’introduzione di una disciplina organica della giustizia riparativa all’interno dell’ordinamento penale italiano.
La giustizia riparativa si configura come un sistema complementare e parallelo alla giustizia contenziosa, che mira a coinvolgere direttamente il reo e la vittima in processi di confronto e riparazione del danno derivante dal reato.
La giustizia riparativa, con la sua introduzione sistematica, rappresenta un nuovo approccio nel panorama penale italiano, finalizzato a integrare il modello contenzioso tradizionale con strumenti orientati alla ricomposizione dei conflitti e alla riparazione del danno.
Essa non è un rito speciale, non è una causa di estinzione del reato, non rappresenta una causa di non punibilità o non procedibilità, non si sostituisce al processo o alla pena.
Può influenzare il trattamento sanzionatorio, favorendo il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma 1, n. 6 c.p. (condotta riparatoria).
In alcuni casi, come per reati perseguibili a querela rimettibile, può condurre alla sospensione del procedimento penale (art. 129-bis, comma 4, c.p.p.).
La giustizia riparativa si pone gli obiettivi di:
- Promuovere il riconoscimento reciproco tra vittima e autore del reato;
- Favorire la riparazione del danno causato dal reato;
- Offrire una risposta che tenga conto dei bisogni e delle aspettative delle parti coinvolte, senza rinunciare agli obiettivi generali della giustizia penale.
La giustizia riparativa è stata formalmente inserita nel codice di procedura penale attraverso l’introduzione di nuove disposizioni, in particolare:
- Art. 129-bis c.p.p., che regola l’accesso e il ruolo della giustizia riparativa nel procedimento.
- Art. 45-ter disp. att. c.p.p., che dettaglia i profili attuativi.
RIFORMA NORDIO
INTERROGATORIO CAUTELARE ANTICIPATO
Il legislatore ha recentemente introdotto significative modifiche nel sistema delle misure cautelari articolandole su due principali pilastri:
- Introduzione del contraddittorio “ante cautela” (interrogatorio preventivo) di cui all’art. 291, commi 1 quater a 1 novies, c.p.p., limitato ai casi in cui l’esigenza cautelare sia della di cui all’art. 274 lett. c) c.p.p.;
- Assegnazione ad un organo collegiale della competenza in materia di custodia cautelare in carcere.
Questi interventi segnano un cambio di paradigma, volto a bilanciare le esigenze di prevenzione e repressione con i diritti difensivi e il principio del contraddittorio.
L’obiettivo dell’interrogatorio preventivo è quello di garantire il diritto dell’indagato a essere ascoltato prima dell’adozione di una misura cautelare., al fine di evitare decisioni basate su un quadro probatorio incompleto e di scongiurare il pregiudizio psicologico del giudice, già esposto alla richiesta del PM.
Come segnalato l’istituto dell’interrogatorio preventivo è limitato ai casi in cui l’esigenza cautelare sia quella di cui all’art. 274, lett. c), c.p.p., ossia il pericolo di reiterazione del reato.
Ne sono comunque esclusi i delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. a) o all’art. 362, comma 1-ter ovvero ai “gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”.
L’invito a comparire è notificato almeno 5 giorni prima dell’interrogatorio, salvo urgenze.
Tale invito deve contenere informazioni dettagliate (tempus commissi delicti, locus commissi delicti, diritto alla difesa, accesso al patrocinio, ecc.) La documentazione dell’interrogatorio è obbligatoria (ripresa audiovisiva o, in subordine, fonoregistrazione).
La mancata osservanza delle disposizioni sull’interrogatorio preventivo comporta la nullità dell’ordinanza (art. 292, comma 3-bis).
La seconda innovazione riguarda l’attribuzione al collegio della competenza per l’applicazione della misura della custodia in carcere (art. 328, comma 1-quinquies c.p.p.).
Tale previsione mira a rafforzare le garanzie del soggetto sottoposto alla misura e ad assicurare una valutazione più ponderata attraverso il confronto tra giudici.
Il collegio si pronuncia non solo per la custodia cautelare in carcere ma anche per le misure di sicurezza detentive (art. 313, comma 1, c.p.p.).
Nei casi di modificazione in peius, il pubblico ministero deve rivolgersi al collegio.
NOVITA’ IN TEMA DI INTERCETTAZIONI
La riforma delle intercettazioni, parte integrante delle recenti modifiche procedurali, mira a bilanciare le esigenze investigative con il rispetto dei diritti costituzionali alla riservatezza e alla segretezza delle comunicazioni, sanciti dagli articoli 15 e 24 della Costituzione.
Essa introduce importanti novità in quattro principali ambiti:
- Comunicazioni del difensore: massima tutela. L’intervento normativo sull’art. 103 c.p.p., con i nuovi commi 6-bis e 6-ter, rafforza la protezione delle comunicazioni tra difensore e assistito. Invero, non è consentito acquisire alcuna comunicazione tra imputato e difensore, anche diversa dalla corrispondenza (ad es., e-mail, messaggi WhatsApp), salvo che vi sia fondato motivo di ritenere che costituisca corpo del reato. Inoltre, qualora emerga che la comunicazione rientri tra quelle vietate, si ha l’interruzione immediata delle intercettazioni.
- Pubblicazione e rilascio delle intercettazioni: garanzie di riservatezza. La normativa rafforza le limitazioni relative alla diffusione delle intercettazioni, prevedendo un ampio divieto di pubblicazione (art. 114 c.p.p.), per cui è vietata la pubblicazione, anche parziale, delle intercettazioni non utilizzate in provvedimenti del giudice o nel dibattimento. Sono previste inoltre limitazioni al rilascio di copie (art. 116 c.p.p.), per cui le copie possono essere rilasciate solo a parti e difensori, salvo che la richiesta sia motivata dalla necessità di utilizzare le intercettazioni in un altro procedimento specifico.
Inoltre, i verbali delle operazioni di intercettazione devono escludere:
- Espressioni lesive della reputazione;
- Fatti e circostanze che attengano alla vita privata degli interlocutori;
- Elementi identificativi di soggetti estranei al procedimento, salvo che siano rilevanti per le indagini.
NOVITA’ IN TEMA DI IMPUGNAZIONI
Le modifiche normative introdotte e successivamente abrogate con riferimento all’art. 581 c.p.p. e al diritto di impugnazione riflettono un complesso equilibrio tra esigenze di semplificazione processuale e tutela del diritto di difesa. I principali punti sono:
- L’abrogazione del comma 1-ter dell’art. 581 c.p.p.Il comma 1-ter, introdotto dall’art. 33 del d.lgs. n. 150/2022, prevedeva l’obbligo, a pena di inammissibilità, di allegare all’atto di impugnazione una dichiarazione o elezione di domicilio per la notificazione del decreto di citazione a giudizio. L’eliminazione di questa disposizione elimina una formalità stringente che, sebbene finalizzata a garantire certezza nelle comunicazioni processuali, rischiava di tradursi in un eccessivo formalismo a danno delle parti private. La riforma abrogativa recupera quindi un approccio meno rigido, coerente con il principio di accesso alla giustizia.
- Abrogazione parziale del comma 1-quater dell’art. 581 c.p.p. Il comma 1-quater imponeva l’obbligo, in caso di impugnazione proposta dal difensore fiduciario, di allegare uno specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla pronuncia della sentenza. Con la riforma l’obbligo permane esclusivamente per i difensori d’ufficio. È stato eliminato per i difensori di fiducia, presumendo che l’incarico fiduciario includa già l’autorizzazione implicita a impugnare. Questa modifica riduce il rischio di inammissibilità per meri vizi formali, garantendo maggiore fluidità nel diritto di impugnazione e riconoscendo la fiducia preesistente tra imputato e difensore fiduciario.
- Eliminazione dell’appello del pubblico ministero per alcuni casi (art. 550, commi 1 e 2, c.p.p.). Il PM, quindi, non può più appellare le sentenze di proscioglimento nei procedimenti instaurati con citazione diretta a giudizio. Questa scelta normativa si inserisce in una tendenza generale alla deflazione dei giudizi d’appello, volta a contenere il carico giudiziario nei procedimenti per reati meno gravi.
AGGIORNAMENTI
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